
ON PREMISE o CLOUD? Infrastrutture IT a confronto
On premise o cloud? Infrastrutture IT a confronto. Infrastruttura dell’azienda presa in esame Ipotizziamo una PMI di medie dimensioni, 50/100 dipendenti che opera nel campo
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Migrare su infrastrutture e servizi IT in cloud, specialmente negli ultimi anni, sembra diventata una scelta pressoché obbligata sia perché spinti dai vari provider tecnologici che sempre più per ragioni di profitto stanno promuovendo queste soluzioni sia dalla moda che, come in ogni ambito ed in ogni settore, detta usi e tendenze.
Chiarito ciò, quando effettivamente conviene portare tutto sulla “nuvola” oppure rimanere con “un piede” ancorato ad un’infrastruttura in parte ancora on premise?
Ovviamente non è detto che la moda debba essere seguita in toto ma, come sempre, è necessario studiarla ed interpretarla soprattutto in funzioni di quelle che sono le reali esigenze e necessità che ci si troveranno ad affrontare.
Con il termine cloud ibrido si fa riferimento ad un ambiente IT multitenant in cui i servizi vengono erogati mediante macchine che possono essere ubicate sia in casa (on premise), sia in cloud privati che in cloud pubblici a seconda della tipologia di funzionalità a cui si è interessati e di conseguenza all’obiettivo/esigenza che si vuole raggiungere/soddisfare.
Il funzionamento prevede il set up di più ambienti in cloud e/o on premise in cui le risorse vengono condivise e configurate in modo tale da erogare ciascuna un determinato tipo di servizio che a seconda dell’ubicazione del server potrà essere in cloud oppure in casa.
Sostanzialmente esistono tre tipologie di cloud:
Non esiste una risposta univoca, anzi di risposte ce ne sono un’infinità. In estrema sintesi si può dire che sostanzialmente l’approccio ibrido in molte situazioni è quello maggiormente flessibile in quanto a seconda delle esigenze e degli obiettivi consente di sfruttare i pro di entrambe le configurazioni (cloud e on premise) bypassandone gli aspetti più critici. Molte volte rappresenta anche la soluzione dal rapporto qualità/prezzo migliore che consente di superare i limiti ed i rischi di un ambiente totalmente on premise senza però rinunciarne ai suoi indubbi vantaggi in termini di accesso e di controllo diretto dell’infrastruttura IT e nel contempo utilizzare il cloud per erogate servizi quali ad esempio backup e disaster recovery che non avrebbe senso mantenere su un ambiente locale.
Il cloud ha senz’alcun dubbio dei vantaggi intrinsechi che possono essere riassunti nel trasformare qualsiasi esigenza in un servizio erogato con la formula “pay per use”.
Ogni necessità viene semplicemente quantificata, quotata e poi venduta al Cliente che pagherà solamente ciò che andrà realmente ad utilizzare.
Qualsiasi investimento in costosi apparati hardware viene interamente sostituito e, pertanto, decade il problema di upgrade dell’infrastruttura o parte di essa causa obsolescenza.
La stessa cosa succede per quanto riguarda le spese legate a guasti e sostituzione di apparati o parti di essi non più funzionanti e così via.
Anche a livello di sicurezza i miglioramenti sono evidenti se non altro perché l’onere della protezione dei dati viene demandato ad un soggetto, il cloud provider, che ha sicuramente strumenti di controllo e prevenzione delle intrusioni molto più efficaci di quelli normalmente in dotazione ad un Cliente finale.
E allora perché una delle soluzioni IT più diffuse è quella dell’implementazione di un ambiente ibrido?
Semplice paura di “fare completamente il passo” svincolandosi dalla tradizione oppure ci sono altre ragioni?
Di seguito viene proposto un interessante caso studio >> “ON PREMISE o CLOUD? Infrastrutture IT a confronto”.
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